Il progetto serve a cercare risposte.

Trasformare un problema in un progetto

Spesso pensiamo che fare progetto sia avere l’idea o scrivere un documento, agire e produrre un risultato. E diamo per scontato il fondamentale lavoro che genera e unisce questi punti: la ricerca, l’esplorazione, la scoperta, il processo di cambiamento che ci riguarda direttamente e ci permette di trovare nuove soluzioni. Nella vita, nel lavoro, nel contesto sociale.

Fare progetto significa costruire qualcosa che ancora non c’è, quel ponte che collega due sponde: l’idea e il risultato. All’inizio le idee sono poco chiare, non sappiamo come arrivare dall’altra parte, a volte non vediamo nemmeno l’altra sponda. E il bisogno a cui vogliamo rispondere o il desiderio che chiede di essere ascoltato appaiono come un problema.
I progetti servono esattamente a questo, a trasformare un problema in una soluzione. Anzi, spesso i problemi sono progetti che chiedono di fiorire.
Durante la costruzione del ponte avvengono tante cose. Si materializza un passaggio possibile, migliora la nostra capacità di costruire, magari conosciamo materiali e strumenti nuovi, rinforziamo il muscolo creativo e lo spirito di squadra.

Fare progetto è il modo migliore per andare verso il futuro che vogliamo: non risponde a tutte le domande, serve a cercare risposte.

Da questa prospettiva, risolvere un problema non è un’azione dimessa, quanto occasione per ripensarsi, per focalizzare gli obiettivi, prendersi cura di sé e del mondo che ci circonda. E la mancanza di chiarezza un invito a mettersi in discussione, creare nuove opportunità.
Il progetto si fa bussola, mappa, sentiero, strumento di apprendimento che ci aiuta a progredire, piuttosto che rimanere immobili o attendere che arrivi l’urgenza di fare, fare in fretta e tanto, senza sapere bene cosa e in che direzione.

Un problema è un progetto che vuole fiorire.

Rallentare: uscire dal vortice della gestione – urgenze, carichi operativi e preoccupazioni – staccarsi da abitudini e schemi di pensiero, prendersi un tempo dedicato per cercare confronto con sé e con l’esterno è il primo passo per lasciare spazio a nuove idee.

Strutturare il progetto è il secondo. Non solo prendere qualche appunto, perché le nuove idee sono germogli, non ancora alberi, rischiano di essere “schiacciati” da ciò che ci è più familiare, dalle pressioni al cambiamento.

Allenare collaborazione e creatività come motori dell’innovazione permette di accedere a nuove informazioni e possibilità. Ci sono strumenti e esercizi, come in palestra!

Non esistono ricette buone per tutti. Non esiste il momento giusto per cambiare e spesso non possiamo sceglierlo. Possiamo scegliere di non subire il cambiamento e di viverlo con consapevolezza, con fiducia.

Let it bloom va in questa direzione. E’ uno strumento per le persone e le organizzazioni, un percorso che accompagna a farsi buone domande per pensare ad alta voce, raccogliere le intuizioni e disegnare progetti futuri: avventure verso cui valga la pena incamminarsi. E’ una proposta per rallentare in modo intelligente, prima di ripartire.

Propone 5 tappe da percorrere per mappare il progetto e svilupparlo.

1. Ascoltarsi, per portare consapevolezza a quello che vogliamo fare e allo scopo.

2. Fissare gli obiettivi e collegarli alle persone con cui vogliamo realizzarli, tenendo conto della ragione e dell’emozione (che spesso guida senza essere riconosciuta).

3. Costruire una strategia che metta in campo il valore e tenga conto dei limiti, che ci aiuti a far germogliare il progetto.

4. Definire le azioni da intraprendere, distinguendo tra importanza e urgenza, per difendere le priorità e evitare gli sprechi.

5. Predisporre un test: provare, sbagliare bene e in fretta, per ricevere feedback, affinché il progetto funzioni al meglio!

E’ possibile intraprendere il percorso in modalità individuale e in team.
Per il format di gruppo, il prossimo appuntamento è per il 3 ottobre 2020. Qui le info!